Etica del desiderio
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è secondo la psichiatria (DSM V) un disturbo caratterizzato da ossessioni e compulsioni. Le ossessioni consistono in idee, pensieri, impulsi o immagini ricorrenti o persistenti e spesso sentite come intrusive e inappropriate, in grado di provocare ansia e angoscia. Le compulsioni consistono invece in tutti quei comportamenti messi in atto a seguito delle ossessioni, con l’obiettivo di ridurre gli stati di ansia e di angoscia che esse provocano. Secondo gli studi condotti, il DOC ha incidenza del 2-3% (Kaplan et al. 2003). Nell’adolescenza sono le persone di sesso maschile a venirne più colpite. Nell’età adulta, invece, non si notano significative differenze tra i due sessi. L’esordio del DOC avviene tipicamente intorno ai 20 anni e nella maggior parte dei casi in maniera improvvisa, ma è frequente anche nelle persone che si rivolgono a uno specialista qualche anno dopo che il quadro clinico si è manifestato. In circa il 60% dei casi, la sintomatologia inizia a seguito di un evento stressante. Freud e la nevrosi ossessiva Sigmund Freud ammise la difficoltà di curare la “nevrosi ossessiva” con il metodo psicoanalitico dopo averlo studiato su un suo paziente, noto negli scritti freudiani come “l’uomo dei topi”. Nella fase di sviluppo sadico-anale si possono sviluppare anche contemporaneamente varie nevrosi, attraverso vari meccanismi come scissione dell’Io, fissazione di libido e regressione dalla fase fallica a quella anale, mancato superamento del Complesso di Edipo: una di queste è il disturbo ossessivo compulsivo, chiamato in psicoanalisi “nevrosi ossessiva” o “nevrosi ossessivo-coattiva”. In particolare se al bambino è stata data un’educazione sfinterica rigida, egli, come limita la funzione dell’escrezione, maturerà una personalità rigida e ordinata, spesso perfezionista. Il contenuto ossessivo spesso è derivato da esperienze varie, molto spesso da trasfigurazione di aspetti infantili. Nel caso dell’Edipo non risolto, il paziente teme di uccidere il padre e aggredire sessualmente la madre (o di ucciderla) e poi autocastrarsi per punizione. Ci sono molti esempi (paura della propria sessualità che viene vissuta a volte come ribellione e a volte con senso di colpa, paura dello sporco, pensiero magico, coazioni/compulsioni varie; Freud li paragona ai rituali della religione, in quanto entrambi servono ad ottenere il perdono e la benevolenza di un’autorità superiore amata ed odiata, ossia del genitore umano e divino), che emergono dall’analisi, e compito dell’analista è identificarli tramite i sogni e il dialogo aperto col nevrotico, promuovere la sublimazione e liberare la libido fissata traumaticamente. Lacan: l'ossessivo e la condanna di Tantalo Per Lacan si tratta di un desiderio interdetto, vietato e tale interdizione viene attribuita all'Altro, non assunta dal soggetto stesso. Il timore di ritorsione da parte dell'Altro implica un'inibizione di tutte le manifestazioni del desiderio: il soggetto se ne distacca tramite dei meccanismi difensivi di annullamento ed isolamento dell'affetto. Il che equivale a negare e a raffreddare ogni spinta desiderante, fino all'azzeramento, alla totale mortificazione. Lacan paragona l'ossessivo alla figura di Tantalo. Ecco l'immagine che rappresenta in definitiva l'altalena fra l'ossessivo e il suo oggetto di desiderio. Nella misura in cui si avvicina l'oggetto si ritrae, gli sfugge. L'eccessiva prossimità all'incandescenza lo spinge automaticamente ad allontanarsi, in un repentino raffreddamento della fiammata. Se l'Altro fornisse il consenso, il plauso, allora sì che l'ossessivo potrebbe avvicinarsi al suo oggetto. Ma tale convalida non è possibile, nella misura in cui è connaturata al desiderio stesso una spinta sovversiva. Desiderare significa sempre voler superare un limite, spingersi più in là, compiere un atto contro ogni logica del bene e dell'utile. Il desiderio è soggettivo, è il cuore del soggetto, dunque si trova ad essere strutturalmente in opposizione alle aspettative dell'Altro. L'ossessivo cerca di mantenere intatto l'Altro. Sembra che abbia altre mire, che voglia delle cose sue, ma al fondo punta soltanto a far esistere l'Altro con la A maiuscola, ovvero una Legge senza scarti, una regola universale che dia ragione di tutti i comportamenti umani e li incaselli sulla base del "giusto" e dello "sbagliato". Il suo ideale è un mondo articolato esclusivamente nei termini di significante, un mondo cioè spurgato dalla pulsione, dal germe del desiderio, dalla divisione umana, dalle contraddizioni e dal caos. Un mondo privo di tutto ciò è quindi un mondo morto. L'ossessivo si ingaggia, per ottenerne il permesso e dunque per far esistere l'Altro, in tutta una serie di compiti particolarmente duri, spossanti, in cui risulta bravissimo. La finalità è avere l'Altro come testimone invisibile, come spettatore che dica che è proprio un tipo in gamba! La ricerca del consenso esula dalla mera performance, ma travalica in un altro campo, quello dell'essere. L'ossessivo vuole essere domandato dall'Altro, vuole esserne l'oggetto prezioso. Il far esistere un Altro pieno, compatto, tutore della Legge, va di pari passo con la sua distruzione. Questa è la famosa ambivalenza dell'ossessivo, che da una parte erotizza la Legge, la cerca, la adora, dall'altra la odia, la percepisce come una castrazione intollerabile. Contemporaneamente al rapporto con la Legge c'è nell'ossessivo quello con il padre, amato ma nello stesso tempo odiato in quanto rivale in rapporto alla madre. "Il desiderio dimostra qui di portare il marchio che il desiderio è stato innanzitutto accostato da lui come qualcosa che si distrugge, in quanto gli si è presentato come quello del suo rivale. L'approccio dell'ossessivo al proprio desiderio rimane dunque segnato da questo marchio che fa sì che ogni approccio lo faccia svanire". L'ossessivo fin da bambino entra nel desiderio sotto la stella dell'odio e della distruzione. Il desiderio dell'Altro, quello del suo rivale, si salda a fantasmi di distruzione. Aggressività e desiderio si legano in un impasto difficile da sciogliere, che lo condanna a tenersi a distanza rispetto al desiderio attraverso una sistematica opera di distruzione del proprio e dell' altrui.
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