Etica del desiderio
Psicodinamica delle dipendenze
Con il termine dipendenza si fa riferimento a una condizione in cui una persone assume una sostanza, come alcool, cocaina, nicotina, etc., o si impegna in un’attività come il sesso, lo shopping, il gioco d’azzardo etc., che può essere piacevole, ma il cui uso continuato diventa compulsivo e interferisce con il funzionamento sociale, lavorativo ed interpersonale del soggetto. I soggetti potrebbero non essere consapevoli del fatto che il loro comportamento è fuori controllo, causando così problemi sia per sé stessi che per gli altri. Da un punto di vista psicodinamico, Freud fu il primo a delineare un approccio sistematico volto a comprendere come la vita mentale inconscia eserciti un’influenza sulla nostra visione del mondo. La cosiddetta teoria strutturale organizza le funzioni mentali in tre istanze psichiche: l’Io, governato dal “principio di realtà” ma avente profonde radici nell’Es, ossia l’inconscio; il Super-Io, ossia un’istanza morale che detta norme e regole di comportamento, il quale a volte può divenire punitivo qualora vengano trasgredite tali regole; e infine l’Es, ossia il calderone di impulsi e desideri istintuali che sono al servizio del “principio di piacere”. L’Es è volto primariamente alla gratificazione immediata ed è quindi un’istanza puramente “egoista”, tanto da poter operare secondo il cosiddetto “spirito animale”. L’io si pone quindi come mediatore degli impulsi da parte dell’Es e del Super-io, andandoli a “modificare” per una corretta gestione dei pericoli e dei conflitti. Il super-Io emerge attraverso l’interiorizzazione dei valori e delle norme sociali. Per Freud, l’obiettivo della psicoanalisi era quello di rafforzare l’Io, al fine di riuscire a controllare meglio l’Es ed essere più indipendente dal Super-Io. L’acquisire una maggiore consapevolezza di ciò attraverso la psicoanalisi, può aiutare l’individuo a divenire meno auto-punitivo e quindi più abile a tollerare le esperienze emotive. La crescita psicologica richiede l’accettazione di sé, ossia quello stato d’animo che pone fine al conflitto tra il trasformare sé stessi e gli altri in ciò che la persona desidera o dovrebbe essere. Freud sosteneva che ogni volta che i desideri provenienti dall’Es, minacciano l’emergere del pensiero o dell’azione, nell’individuo si genera ansia. L’ansia agisce come un segnale, provocando una repressione della mobilitazione dell’Io, insieme a una vasta gamma di altre difese come la negazione e la proiezione, al fine di bloccare o mascherare la “volontà ansiogena”. La mancanza della capacità di far fronte a stati negative determina, nel paziente, l’ergersi di difese potenti, a volte intransigenti, nel tentativo disperato di evitare sentimenti negativi. La persona che utilizza una difesa sta cercando di gestire l’ansia e mantenere l’autostima. Ad esempio, gli alcolisti sono convinti di non aver nessun problema con l’alcool. Il mantenimento di sentimenti inaccettabili al di fuori della consapevolezza, apre la strada allo sviluppo di un “falso sé”. Il prezzo di questa protezione si traduce in un’incapacità a sviluppare la resilienza. In tal senso, la dipendenza è quindi descritta come una strategia difensiva per evitare la sensazione di impotenza e disperazione. L’abuso di droga è un futile tentativo per compensare, senza successo, il vuoto interiore; il tossicodipendente cerca di compensare attraverso comportamenti di dipendenza, gli stati soggettivi dolorosi legati ad una bassa autostima. L’uso della sostanza fornisce un sentimento di accettazione e una sensazione temporanea di sicurezza di sé; la dipendenza determina la creazione di un mondo immaginario, dove si esercita un controllo completo, che si sostituisce al mondo reale, dove ci si sente inutili e fuori controllo. La visione psicoanalitica suggerisce quindi che la dipendenza sia strettamente correlata ad un disturbo della regolazione di sé. Il successo della terapia è rappresentato dal cambiamento duraturo, attraverso il quale i pazienti vengono a contatto con aspetti interiori precedentemente inaccessibili. Aiutare i pazienti aumentando la capacità di impegnarsi sull’auto-riflessione, e individuando modalità alternative di gestione delle emozioni difficili, sono parte integrante dell’approccio psicodinamico per il trattamento delle dipendenze. Oggetti e Discorso capitalistico Ciascun soggetto è imbevuto di sintomo-dipendenza che promana dal discorso della civiltà contemporanea che è oggi, per Lacan, il Discorso Capitalistico. Occorre quindi analizzare quel godimento così compulsivo nella sua ripetizione per lavorare la contingenza. Sin dai primi periodi della civilizzazione gli esseri umani hanno fatto uso di sostanze per rispondere a varie questioni che li affliggevano. In ogni tempo storico le differenze in rapporto alle dipendenze si sono rese evidenti. Oggi, quindi, siamo nel tempo della dipendenza generalizzata; i DSM succedutisi ne hanno fatto e ne fanno una lunga lista diagnostica, addizionati ai fenomeni che si moltiplicano. Ai nostri giorni, stiamo entrando rapidamente nel mondo della moltiplicazione degli oggetti: consumismo, globalizzazione, scienza modificano i costumi, le abitudini, gli stili di vita. Oramai siamo nel trionfo degli oggetti stessi. Una vasta gamma di droghe, farmaci, sostanze sono a disposizione; entrano prepotentemente anche altre forme di dipendenze, dei nuovi oggetti della tecnologia e non solo. Seguendo Lacan possiamo osservare che il Simbolico è oggi sempre più inconsistente: il rapporto che il soggetto intrattiene col soddisfacimento diviene complesso: gli eccessi, prima regolati dall’Ideale in rapporto al soggetto, ora sono senza limite, nel rapporto fra super-io e dipendenza dal godimento. L’eccesso di godimento è in presa diretta attraverso “una scrittura selvaggia, fuori sistema” con l’esperienza, in rapporto ai consumi, alla scienza, alle religioni, ai costumi… crea vortici di effimere estasi, di eden debili, virtuali, pornografie esibite, deposti e squarciati oramai i veli. La dipendenza (addiction) è un attributo dell’esperienza esplosiva e fagocitante che agisce, passa all’atto, giunge al cuore del linguaggio, quindi della parola e la silenzia, non la fa sorgere. È una dipendenza che si impone al limite che non si fa, all’insopportabile dell’esistenza. La terapia, paradossalmente, in questo tempo della civiltà deve introdurre e sostenere, una nuova, smarrita dipendenza: la dipendenza dalla parola, purché si sia ben orientati dalla precedente dipendenza del soggetto, che agiva un singolare proprio eccesso rispetto ad un reale troppo devastante.
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Novembre 2024
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