Per Jacques Lacan, la perversione non è una devianza morale, ma una struttura psichica fondamentale, al pari di nevrosi e psicosi. Essa riguarda il modo in cui un soggetto si rapporta alla legge, al desiderio e al godimento, sempre in relazione all’Altro. Perversione e legge simbolicaIl soggetto perverso non rifiuta la legge: la riconosce, ma la utilizza come scena per inscenare il proprio godimento. Costruisce un “gioco simbolico” in cui il proprio desiderio si realizza coinvolgendo l’Altro, che viene messo in posizione di oggetto o spettatore. Nel linguaggio lacaniano, questo gioco si sviluppa attorno alla funzione del Nome-del-Padre, ovvero l’insieme simbolico che rappresenta il limite, la legge, l’interdizione. Nella nevrosi questa funzione è interiorizzata, nella psicosi forclusa; nella perversione è messa in crisi, ma ancora operativa: il soggetto non elimina la legge, ma la trasforma in oggetto di godimento. Un esempio clinicoPrendiamo il caso di un uomo che vive relazioni incentrate su dinamiche sadico-masochistiche ritualizzate. Il suo piacere non consiste solo nel dominio o nella sottomissione, ma nell’organizzare una scena dove la trasgressione ha un ruolo preciso e ripetuto. Qui, la perversione non è una semplice scelta sessuale, ma un modo di trattare la legge e il desiderio: il soggetto mette in scena il proprio rapporto con l’Altro, usando la regola per poterla trasgredire — e così sostenere la propria identità e il proprio godimento. La perversione nella societàAnche a livello sociale si possono osservare modalità perverse di relazione. Alcuni esempi:
La terapia nella struttura perversaLa psicoanalisi lacaniana non punta a correggere il comportamento del soggetto perverso, né a “normalizzarlo”. Il lavoro clinico non è giudicante, ma strutturale: si tratta di aiutare il soggetto a mettere in parola la propria posizione soggettiva e a interrogare il modo in cui si rapporta al proprio godimento. La perversione, infatti, tende a funzionare come un meccanismo chiuso: una scena che si ripete, in cui il soggetto resta fissato a una forma di godimento che coinvolge l’Altro in modo rigido e difensivo. Il lavoro analitico può aprire un varco nella ripetizione, rendendo possibile una diversa relazione con il desiderio e con l’Altro. Non si tratta di togliere il godimento, ma di renderlo meno dipendente dalla scena perversa, e più soggettivamente responsabile. Perché questa prospettiva è utile?Comprendere la perversione come struttura del legame con l’Altro e con la legge permette di evitare letture moralistiche o patologizzanti. In ambito clinico, educativo e sociale, può aiutare a leggere comportamenti complessi come forme di organizzazione simbolica, non come semplici devianze. Bibliografia essenziale
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Il genitore in un tempo di cambiamento Essere genitori oggi significa confrontarsi con una funzione che ha visto modificarsi molte delle sue coordinate tradizionali. Le certezze che un tempo guidavano l’educazione — ruoli più definiti, autorità riconosciute, modelli culturali condivisi — sono diventate meno rigide. Per questo, molte madri e padri possono sentire la necessità di ritrovare un orientamento personale nella loro esperienza educativa. Tra desiderio e aspettative Spesso i genitori si trovano a navigare tra il desiderio sincero di essere presenti e attenti e la spinta a corrispondere a modelli educativi ideali, talvolta difficili da raggiungere. In questo equilibrio, è importante mantenere il proprio modo soggettivo di vivere la funzione genitoriale, evitando di affidarsi esclusivamente a schemi impersonali o standard. Non esistono ricette universali La psicoanalisi non propone un modello educativo prestabilito né soluzioni univoche. Offre invece la possibilità di pensare la genitorialità come una posizione soggettiva. Non si tratta di essere “buoni genitori” in senso assoluto, ma di assumere una presenza autentica, fatta di parola, responsabilità e ascolto. Il desiderio del genitore Jacques Lacan sottolinea un aspetto fondamentale: “Il desiderio del genitore non deve essere anonimo.” Ciò significa che il genitore mantiene una posizione viva, che porta con sé la propria singolarità e autenticità. I figli non hanno bisogno di adulti perfetti, ma di figure riconoscibili e presenti, che trasmettono qualcosa di personale e autentico. Il limite come orientamento Essere genitori significa anche saper introdurre un limite, un orientamento simbolico. Non si tratta di imporre un’autorità rigida, ma di sostenere una funzione che aiuti a definire un confine significativo. Come ricorda Éric Laurent: “Il padre non è più l’uomo della legge, ma colui che sa inventare un modo di dire il limite.” Quando il sintomo si manifesta Il disagio nei figli non è sempre un segno di patologia. Spesso è un modo per esprimere qualcosa che ancora non trova parola. Ansie, chiusure o opposizioni possono indicare una richiesta di spazio e ascolto nel legame. In questi casi, può essere utile riflettere sulla posizione del genitore nella relazione, più che limitarsi a correggere comportamenti. Uno spazio di parola per i genitori Uno spazio clinico per i genitori è un luogo in cui pensare e parlare della propria funzione e del proprio ruolo nella relazione con il figlio. Questo può favorire un cambiamento profondo, capace di riaprire il senso e la possibilità di essere genitori non perfetti, ma presenti. Bibliografia essenziale
Fenomeni clinici
Nel lavoro psicologico si incontrano spesso sintomi corporei che non trovano spiegazione soddisfacente sul piano medico: dolori ricorrenti, tensioni muscolari, disturbi intestinali, dermatiti, insonnia. Alcuni sintomi sembrano portare un messaggio; altri restano opachi, muti. La psicoanalisi, con Lacan e Miller, propone di leggerli attraverso il concetto di corpo parlante. Il corpo segnato dalla parola Lacan ha introdotto la nozione di “corpo parlante” per indicare un corpo che non è solo biologico, ma coinvolto nel linguaggio. “Non è il corpo che parla. È il parlante che ha un corpo” (J.-A. Miller). Questo sguardo cambia la clinica: il corpo è attraversato dai significanti, dalle identificazioni, dal godimento. I sintomi possono essere il tentativo del soggetto di dire qualcosa, oppure il segno di un blocco della parola. Il corpo che parla: sintomo con senso Nella nevrosi, il sintomo corporeo può avere una funzione simbolica. È un messaggio cifrato, un modo per dire ciò che non può essere detto direttamente. 📌 Esempio clinico: una donna sviluppa una paralisi funzionale a una gamba dopo un conflitto familiare. Gli esami medici sono negativi. Il sintomo esprime, nel corpo, un conflitto inconscio. Qui il lavoro psicologico cerca di ricostruire il legame tra sintomo e storia del soggetto. Interpretare non significa spiegare o razionalizzare, ma accompagnare la persona nell’elaborazione di ciò che, nel sintomo, chiede parola. Il corpo che non parla: sintomo opaco Esistono però anche sintomi che non sembrano veicolare alcun significato. Non sono metafore, non si articolano nel linguaggio, e non si modificano con la parola. Lacan parla qui di fenomeni psicosomatici. Il linguaggio si arresta, si blocca in un’unica olofrase, senza articolazione simbolica. 📌 Esempio clinico: una dermatite cronica, senza nesso con eventi vissuti, non si modifica in psicoterapia. Il corpo è colpito da un godimento muto, non elaborabile nel senso. L’atteggiamento dello psicologo analista Nel caso della conversione isterica, il terapeuta accoglie il sintomo come messaggio: si lavora sulla parola, sul desiderio, sull’inconscio. Nei fenomeni psicosomatici l’approccio è diverso: non si cerca di interpretare, ma di costruire uno spazio relazionale stabile. Il terapeuta offre una presenza costante, non invasiva. È il lavoro stesso del transfert a creare, nel tempo, un primo legame tra corpo e parola. Conclusione Il concetto di corpo parlante ci ricorda che non esiste un corpo neutro, ma sempre un corpo segnato dal linguaggio. Alcuni sintomi si articolano nella domanda; altri, più opachi, restano fuori dal senso. In entrambi i casi, la clinica psicoanalitica può offrire uno spazio dove il soggetto possa tornare a emergere, anche a partire dal silenzio del corpo. 📚 Bibliografia minimaJacques Lacan – Il Seminario, Libro X – L’angoscia (1962-63) – Il Seminario, Libro XX – Ancora (1972-73) Jacques-Alain Miller – “L’inconscio e il corpo parlante”, sito SLP, 2016 Éric Laurent – “Parlare lalangue del corpo”, in Radio Lacan, 2020 🟦 1. Fenomeno clinico La fobia viene spesso ridotta a una “paura irrazionale”. Ma nella clinica psicoanalitica, in particolare in quella lacaniana, la fobia è molto di più: è una costruzione simbolica che aiuta il soggetto a organizzare la propria angoscia. In un’epoca di disorientamento e indebolimento dei riferimenti simbolici, le fobie sembrano moltiplicarsi e assumere nuove forme. 🧩 2. Cos’è la fobia secondo Lacan? 🔎 Definizione: La fobia è un sintomo simbolico che consente al soggetto di localizzare l’angoscia in un oggetto specifico, evitando un confronto diretto con il Reale. 📌 In assenza o indebolimento della funzione paterna (Nome-del-Padre), la fobia introduce un oggetto sostitutivo che permette di strutturare un ordine interno e una tenuta soggettiva. ✍️ Citazione chiave: “La fobia è il modo in cui il soggetto delimita l’angoscia grazie a un oggetto che ne fa da segnale.” — Lacan, Seminario IV 💬 3. Due modalità cliniche dell’angoscia 🔹 A. Fobia – L’angoscia localizzata 📌 Esempio clinico: Il bambino ha paura dei cavalli (Piccolo Hans). In realtà, l’angoscia riguarda il desiderio della madre e la funzione paterna. Il cavallo fobico incarna il punto di collasso simbolico e permette di contenerlo. ➡️ La fobia funziona come “tampone” tra il soggetto e il Reale, rendendo il mondo abitabile. 🔹 B. Angoscia pura – Il Reale senza mediazione 📌 Esempio clinico: Il soggetto vive improvvisi attacchi di panico, senza oggetto né causa apparente. Non riesce a nominare ciò che lo angoscia. Qui l’oggetto fobico manca: l’angoscia è assoluta, senza forma. 🔎 Lacan distingue la fobia dall’angoscia pura: nella fobia l’angoscia è agganciata a un oggetto; nell’angoscia pura, il soggetto è travolto da ciò che sfugge al simbolico. 🧑⚕️ 4. Cosa può fare lo psicologo analista? 🌱 Nella fobia, il lavoro analitico consiste nel leggere la funzione di quell’oggetto nel campo simbolico del soggetto. 🛠️ La fobia è una soluzione provvisoria: non va rimossa troppo in fretta, ma ascoltata e rispettata come formazione dell’inconscio. 💥 Nell’angoscia pura, il compito è diverso: si tratta di costruire un nuovo ancoraggio simbolico, un punto di riferimento che consenta al soggetto di non essere sommerso dal Reale. 📦 Box clinico: Un paziente agorafobico riesce a vivere solo spazi chiusi e conosciuti. L’angoscia non è “fuori”, ma nel disorientamento simbolico. Il lavoro non punta a “guarire” la paura, ma a ricostruire le coordinate simboliche che la sostengono. ✅ 5. Cosa portare via da questo post
📚 Bibliografia minima Jacques Lacan
📌 Cos’è la struttura ossessiva?
Nell’orientamento lacaniano, la struttura ossessiva non è solo un insieme di sintomi, ma un modo particolare di rapportarsi all’Altro e al desiderio. Si configura come una tensione continua tra il desiderio stesso, la sua proibizione e un rapporto ambivalente con la Legge simbolica e il godimento. 🟦 Il soggetto ossessivo e la condanna di Tantalo Lacan paragona l’ossessivo a Tantalo, condannato a sfiorare senza mai raggiungere ciò che desidera.
🟦 Il rapporto ambivalente con l’Altro e la Legge L’ossessivo vive una relazione ambivalente:
🟦 Le compulsioni: rituali di controllo e pacificazione Le azioni compulsive si configurano come veri e propri rituali simbolici:
🟦 Ossessività e società contemporanea Nel contesto attuale, con la perdita di un Altro simbolico forte:
🩺 Box clinico: una paziente ossessiva Una paziente arriva in analisi con la richiesta di “mettere ordine” nella propria vita. Dedica molte ore a rituali di pulizia e controllo, convinta che ogni imperfezione possa provocare una catastrofe. Nel lavoro analitico emerge che questi rituali sono la sua maniera di tenere a distanza un desiderio che teme di non poter gestire, percepito come pericoloso e proibito. L’angoscia si allevia solo temporaneamente con i rituali, ma la tensione persiste. Solo sciogliendo il legame tra desiderio e interdizione e accogliendo la propria ambivalenza verso la Legge, la paziente inizia a sperimentare nuovi modi di abitare il desiderio e la propria vita. ✅ Cosa portare via
📚 Bibliografia essenziale
✦Nel pensiero di Lacan, il panico è una forma contemporanea dell’angoscia che esplode quando il simbolico si dissolve e il soggetto si trova faccia a faccia con il reale. Il reale non coincide con la realtà empirica, ma è ciò che sfugge a ogni rappresentazione e significazione. L’angoscia è il segnale di questo reale, un’esplosione che si manifesta quando crollano le barriere tra soggetto e l’eccesso di godimento che lo invade. ● Angoscia senza nome: il panico come travestimento Il panico nasce quando l’angoscia, di solito informe e senza oggetto, si “traveste” da paura legata a qualcosa — una situazione o un luogo — nel tentativo di darle un nome e un confine. Ma questa è solo una maschera, un velo che non elimina il reale sotto. ⭘ Freud parlava di Hilflosigkeit, un senso di impotenza radicale: un corpo che non trova appoggio né nel linguaggio né nella legge, esposto alla pura intensità. Lacan riconosce in questo uno stato di contatto con il reale, che travolge ogni difesa simbolica. ✦ Il corpo nel panico: quando la parola cede Nel panico, il corpo si riempie di segnali: tachicardia, vertigini, senso di morte imminente. Non è una malattia organica, ma un evento psichico che investe il corpo come un’urgenza incontrollabile. La mediazione simbolica si dissolve: resta solo l’impulso di fuga da qualcosa che non si riesce a nominare. 📌 Caso clinico implicito: una donna di 35 anni, apparentemente realizzata, inizia a evitare i luoghi affollati dopo un attacco di panico in metropolitana. Dietro questa paura si nasconde il crollo di un’immagine: non più la figlia perfetta, la madre protetta, la lavoratrice esemplare. Il reale ha bucato la sua rappresentazione. ● Dal Nome-del-Padre all’Altro invischiante Con il declino della funzione paterna — quel Nome-del-Padre che strutturava il desiderio con un “No” simbolico — viene meno l’argine che dava stabilità al rapporto con l’Altro. ● L’Altro si frammenta in una rete confusa di richieste, promesse e doveri. ● Il soggetto, senza un orientamento simbolico chiaro, resta esposto a un godimento intrusivo e incontrollabile. ● Il panico si presenta come una saturazione: troppe domande, troppi imperativi, nessuna legge reale che protegga. ⭘ Dall’interdizione al godimento forzato Jacques-Alain Miller parla di un passaggio epocale: dalla Legge che proibisce al comando moderno di “Devi godere”. ⭘ Dove prima c’era un divieto simbolico, ora impera l’obbligo a godere, vissuto come impossibile da soddisfare. ⭘ Il panico nasce anche come sintomo della colpa di non riuscire a godere abbastanza o nel modo giusto. ⭘ In questa pressione, ogni piccola falla si trasforma in un’invasione del reale. ● Paura e panico: una difesa fragile ● La paura può essere un tentativo (inconsapevole) di dare un nome all’angoscia, legandola a oggetti o situazioni (folla, aereo, supermercato). ● Ma nominare non basta: si evita il luogo, non il reale che lo abita. ● Per questo le strategie fobiche — evitamenti, rituali, controlli — spesso falliscono nel tempo, proteggendo solo parzialmente dal ritorno dell’angoscia. 📦 Box clinico – Spunti per la pratica ✴ In analisi il panico non è una disfunzione da eliminare, ma un segnale di un reale fuori dal senso. ✴ Il lavoro consiste nel ristabilire un legame simbolico che consenta di situare quel reale, più che “capire” il panico. ✴ Spesso si parte non dal panico stesso, ma da ciò che lo circonda: frammenti di godimento, immagini, sogni, resti verbali. ✴ La cura mira a restituire al soggetto la propria posizione nel discorso, non a rimuovere il sintomo. 📝 Punti di sintesi
📚 Bibliografia essenziale
▶️ Disturbi alimentari e Lacan: un rapporto con il desiderio e l’Altro
I disturbi alimentari non sono semplicemente problemi legati al cibo o all’immagine corporea, ma modi particolari in cui il soggetto esprime la sua relazione con il desiderio, il godimento (jouissance) e la domanda simbolica dell’Altro. Il corpo diventa uno spazio di conflitto dove si manifesta il modo in cui il soggetto tenta di negoziare la propria mancanza e la domanda altrui. ▶️ Anoressia: il rifiuto radicale del desiderio dell’Altro 🔹 L’anoressia è una posizione soggettiva estrema che nega il desiderio altrui attraverso il rifiuto del cibo. Questo rifiuto assume la forma di un “oggetto niente”, dove il soggetto sceglie consapevolmente di sottrarsi alla domanda e al godimento legato al rapporto con l’Altro. 🔹 Questa posizione radicale può essere letta come un tentativo di affermare un’autonomia assoluta e di sfuggire a richieste percepite come insostenibili. 📌 Esempio clinico: Una ragazza adolescente, cresciuta in una famiglia dove il controllo e le aspettative sono forti, inizia a rifiutare il cibo per sottrarsi alle pressioni e per affermare il proprio spazio di autonomia, negando simbolicamente la domanda dell’Altro. ▶️ Bulimia: il ciclo tra godimento e colpa 🔹 La bulimia si caratterizza per un rapporto ambivalente con il godimento: il soggetto cerca un godimento immediato e senza limiti nel cibo, ma subito dopo si confronta con la colpa e la vergogna, ricadendo così nel circuito della ripetizione compulsiva. 🔹 Questo ciclo esprime la difficoltà a gestire la mancanza strutturale e il desiderio, che rimane irrisolto e frustrato. 📌 Esempio clinico: Un uomo che vive momenti di intensa solitudine e stress, durante i quali si abbandona a episodi di abbuffate, seguiti da sensi di colpa che lo portano a comportamenti compensatori come il vomito autoindotto. ▶️ Binge eating: il reale del godimento incontrollato 🔹 Nel binge eating il soggetto sperimenta un godimento che sfugge completamente alla mediazione simbolica, manifestandosi come un impulso incontrollato e distruttivo verso il cibo. 🔹 Il corpo diventa teatro di una battaglia con il godimento puro, che non si lascia rappresentare né elaborare. 📌 Esempio clinico: Una donna che, dopo una giornata emotivamente pesante, si ritrova a mangiare grandi quantità di cibo in modo compulsivo, senza riuscire a fermarsi, sentendo una spinta che non dipende dalla fame ma da un bisogno interno non simbolizzato. ▶️ Il corpo come registro del desiderio e del godimento 🔹 Il corpo può essere vissuto in diversi modi nel soggetto con disturbi alimentari:
📦 Box clinico: orientamenti per la pratica analitica
🎯 Punti di sintesi
Bibliografia essenziale
Nel pensiero di Jacques Lacan, l’identità sessuale non è un dato biologico o culturale fisso, ma un processo soggettivo che attraversa il linguaggio, le immagini e il corpo. Ogni persona costruisce, a modo suo, il proprio rapporto con la sessualità e il desiderio. 🔹 Corpo, mancanza e desiderio Come ci spiega Joël Dor: ✦ “Il corpo è il luogo dove si inscrive la mancanza e il godimento.” Anche in condizioni difficili, come nell’autismo, il bisogno di costruire una propria identità sessuale persiste, mostrando quanto questo lavoro sia centrale nella nostra vita. 🔹 Il fallo: un significante, non un organo Per Lacan, il fallo è un simbolo che rappresenta la mancanza e struttura il desiderio, ma non esaurisce tutto il godimento, soprattutto quello femminile. Colette Soler parla di un “Altro godimento” che sfugge alle regole simboliche e apre alla pluralità. 🔹 Le nuove identità di genere: creatività soggettiva Cisgender, transgender, non-binary, queer: queste parole non sono solo etichette, ma tentativi di inventare un modo nuovo di nominarsi. Lacan dice: ✦ “L’essere sessuato si autorizza solo da sé e da qualche Altro.” Ogni soggetto deve trovare la propria via, riscrivendo il rapporto tra simbolico e reale. 🔹 Amare l’alterità L’amore vero è incontro con la differenza, non fusione narcisistica. Questo vale per ogni amore, anche quelli omosessuali, purché rispettino l’alterità dell’Altro. 📌 Esempio clinico Una giovane paziente trans arriva in analisi confusa e frammentata. Il suo percorso non è solo un “passaggio” di genere, ma un tentativo di ricostruire un legame simbolico dopo l’esclusione sociale. Attraverso l’analisi, trova un modo personale per abitare il proprio desiderio. 📍 Cosa ricordare
📚 Per chi vuole approfondire: J. Lacan, Les non-dupes errent J.-A. Miller, Introduzione alla clinica lacaniana C. Soler, Quel che Lacan diceva delle donne 🔍Oggi il termine “stress” viene usato in molti modi, spesso per descrivere sensazioni diverse, dalla fatica fisica alla tensione emotiva. Spesso è una parola-ombrello che medicalizza esperienze umane complesse. Ma nella psicoanalisi lacaniana lo stress non è solo un fenomeno biologico o di equilibrio corporeo: è un segno del disagio del soggetto nel suo rapporto con il reale.
Lacan dice nel Seminario XI: ✦ «Ciò che il trauma introduce è una falla, una rottura irreparabile nell’ordine simbolico.» Il trauma è quindi l’irruzione di un reale che sfugge a ogni simbolizzazione, e che rompe l’equilibrio interno del soggetto. ⏳ Il ritorno della ripetizione Nel Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) vediamo sintomi come flashback e incubi che sembrano portare il soggetto a rivivere ossessivamente il trauma. Questa ripetizione paradossale, che contraddice il desiderio di fuggire dal dolore, per Lacan esprime la pulsione di morte: un modo per dominare ciò che sfugge al significante, cioè al linguaggio e al senso. Il soggetto non ritorna esattamente all’evento traumatico, ma a ciò che resta incompiuto — un “supplemento” mancante che avrebbe potuto cambiare la storia. Questo è il plusgodere, un godimento supplementare che alimenta la ripetizione senza permettere una guarigione definitiva. ⚖️ La colpa del sopravvissuto e l’irrealizzato Un tema centrale nel PTSD è la cosiddetta “colpa del sopravvissuto”. Questa non riguarda l’evento traumatico in sé, ma ciò che avrebbe potuto accadere e non è successo. Eric Laurent sottolinea che il soggetto è tormentato da un’attrazione verso un possibile non realizzato, una frattura tra desiderio e reale che spinge alla ripetizione. Questa colpa è paradossale perché non si basa su una responsabilità reale, ma su una tensione inconscia verso la riscrittura del trauma. 🔄 Trauma, godimento e simbolizzazione Nel Seminario XVII, Lacan presenta il concetto di plusgodere per indicare quel godimento che non si esaurisce mai e che alimenta la ripetizione. Laurent spiega che il soggetto traumatizzato non desidera tornare allo stato precedente al trauma, ma cerca di riscrivere il reale in una nuova trama simbolica. Questo processo, mai completo, è però essenziale per l’identità del soggetto. Così, la ripetizione diventa un lavoro simbolico: il tentativo di integrare ciò che è rimasto fuori dal senso. 🎧 L’ascolto analitico del trauma Lacan ricorda che il trauma non è mai completamente elaborabile, perché si tratta di un reale che resiste alla simbolizzazione. L’analista non “cura” il trauma, ma sostiene il soggetto nel suo tentativo di articolare questo rapporto con l’irreparabile. Éric Laurent afferma: ✦ “L’analista deve cogliere i modi singolari con cui il soggetto risponde al trauma,” valorizzando la creatività soggettiva che emerge. Ogni soggetto inventa un proprio modo di confrontarsi con il trauma, e l’analisi è uno spazio dove questa invenzione può prendere forma. 👩⚕️ Esempio clinico Un uomo reduce da un grave incidente stradale riferisce flashback ricorrenti in cui rivive la scena con angoscia paralizzante. In analisi emerge che questi ritorni non riguardano solo la paura della morte, ma anche un senso inconscio di colpa per non essere stato ferito più gravemente — un “possibile non realizzato” che lo perseguita. Il lavoro analitico si concentra sull’ascolto di questi ritorni, permettendo al paziente di articolare questa colpa e di costruire progressivamente una nuova relazione simbolica con il trauma. 📌 Punti di sintesi
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🔸Nel pensiero di Lacan, la dipendenza non è solo un problema di controllo o abitudine, ma riflette una rottura o insufficienza della funzione simbolica. Quando il registro simbolico non riesce a organizzare il rapporto del soggetto con il proprio desiderio, emergono sintomi e comportamenti che cercano di colmare questa mancanza. La dipendenza diventa così un modo per “tenere insieme” un reale vissuto come insostenibile. Jacques-Alain Miller osserva: ✦ «L’oggetto della dipendenza non è mai quello che manca, ma è ciò che satura la mancanza senza risolverla». 💼 Il discorso capitalista e la proliferazione degli oggetti Nel Seminario XVII, Lacan descrive il discorso capitalista come una struttura che moltiplica continuamente gli oggetti di godimento, alimentando una cultura di dipendenza diffusa. L’oggetto consumistico promette un appagamento totale, ma questa promessa è sempre inesauribile, perché ciò che il soggetto cerca è un godimento impossibile da raggiungere. Colette Soler sottolinea che questo modello favorisce non solo dipendenze da sostanze, ma anche comportamentali — gioco d’azzardo, social media, lavoro eccessivo — tutte manifestazioni di un godimento “senza limite”, sganciato dalla mediazione simbolica e dall’ideale dell’Altro. ⚡ Dipendenza e godimento mortifero Per comprendere la dipendenza è cruciale la nozione di godimento. Lacan, nel Seminario VII, distingue tra un godimento che si accorda con il principio di piacere e un godimento mortifero che spinge oltre i limiti del piacere, verso un’autodistruzione accompagnata da sofferenza. La dipendenza incarna questo godimento mortifero: il soggetto è attratto da un godimento eccessivo che sfugge alla simbolizzazione e al senso. Laurent Dupont parla di “ritorno del reale”, in cui la sostanza o il comportamento dipendente diventano vie d’accesso a un godimento che non può essere nominato né controllato. 🗣️ La terapia come spazio per il ritorno della parola Nel trattamento psicoanalitico, la dipendenza è vista come un sintomo che il soggetto ha inventato per fronteggiare un reale insopportabile, spesso evitando il confronto con la propria mancanza. Il lavoro analitico mira a restituire al soggetto un rapporto con il linguaggio e il desiderio, offrendo uno spazio dove il sintomo possa trasformarsi e il vuoto sottostante essere elaborato. Éric Laurent afferma: ✦ «La dipendenza non è solo un sintomo, ma una soluzione che il soggetto ha inventato per affrontare il proprio reale». L’obiettivo non è eliminare la dipendenza, ma accompagnare il soggetto nella costruzione di una nuova relazione simbolica con il godimento. 🧩 Oltre il sintomo: l’invenzione singolare del soggetto Ogni dipendenza è unica, perché ogni soggetto costruisce un rapporto particolare con il proprio desiderio e godimento. La terapia non segue protocolli rigidi, ma si adatta alla logica specifica del sintomo. Lacan, nel Seminario XXIII, introduce il concetto di sinthome: una costruzione singolare che il soggetto usa per sostenere la propria esistenza. In questa prospettiva, la dipendenza può essere intesa come un sinthome — un tentativo di tenuta soggettiva che il lavoro analitico mira a trasformare e integrare in modo meno distruttivo. 👩⚕️ Esempio clinico Una giovane donna con dipendenza da shopping compulsivo riferisce un senso di vuoto interno insopportabile, che cerca di colmare acquistando oggetti senza reale necessità. In analisi emerge che questo comportamento funge da “tamponamento” a una mancanza profonda e a una difficoltà a riconoscere e desiderare qualcosa di simbolicamente significativo. Il percorso terapeutico si concentra sul riconoscimento del sintomo come messaggio soggettivo e sull’esplorazione della relazione con il godimento, aiutandola a trovare modi nuovi e più autentici di vivere il desiderio. 📌 Punti di sintesi
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